giovedì 28 aprile 2016

SPOT REVIEW: Eroe - Citterio


Titolo: L'eroe
USA/Italia, 2002
Brand: Giovanni Citterio
Testimonial: Sylvester Stallone
Regia: Zach Snyder
Durata: 31''


Una nave da crociera sta per partire, quando ecco che all'improvviso irrompono dei brutti ceffi cattivi che guastano la festa ai passeggeri. Niente paura però, ci pensa il super eroe (Sylvester Stallone) il cui nome è leggenda a mettere k.o. i mascalzoni mascherati. Pam! Pow! Sbam! L'eroe li mette al tappeto uno a uno, liberando gli ostaggi. Ma chi è questo eroe solitario dalle mosse micidiali? Il suo nome è Bubi. Bubi l'eroe. E per ringraziarlo, i passeggeri gli ridono in faccia e scimmiottano il suo nome leggendario. Forse era meglio lasciarli legati, vero Bubi?
Keep calm e mangia una fetta di prosciutto. Possibilmente dal nome fico tipo Citterio, che è sinonimo di qualità, non Cippalippa, o peggio ancora Bubi, sennò a tavola che figura barbina ci fai?
L'eroe è diretto da Zack Snyder, regista di film videoclippari come Sucker Punch e soprattutto regista di Batman s'incazza e spara a tutti, pardon di  Batman Vs. Superman, che agli inizi degli anni 2000 si  era cimentato con videoclip e spot pubblicitari prima di fare il grande salto nel cinema con Watchmen nel 2004.
Lo stile di Snyder, rispetto ai film comics impregnati di estetica pop e sull'orlo del videogioco impazzito sempra irriconoscibile con questo spot che fa il verso ai film di azione con ironia, elemento rafforzato dalla presenza di Sylvester Stallone, che si presta divertito a fare la parodia dei suoi uomini d'azione tutti di un pezzo, che non si spiezzano mai in due. 
Eroe è un divertente spot pubblicitario inventato dalla mitica agenzia pubblicitaria Armando Testa, che riesce ancora oggi a creare uno spot creativo, con un messaggio semplice (la serietà di un prodotto lo riconosci da un nome consolidato nel mercato di cui di puoi fidare ciecamente), sapientemente espresso con le immagini dello spot. 
La regia di Snyder e la partecipazione di Stallone offre un allure internazionale al marchio lombardo, facendo intendere che il prosciutto della centenaria azienda di Rho non è solo a uso e consumo italiano, ma anche fruibile all'estero. Keep calm e mangia Citterio. Vero, Bubi?


mercoledì 27 aprile 2016

VIDEOCLIP REVIEW: Prince - Raspberry Beret



Titolo: Raspberry Beret
Cantante: Prince
Regia: Prince e Drew Takashi.
Durata: 3'56''


Immaginate di vivere su una nuvola. Soffice, avvolgente, funky. Funky? Certo, se sulla nuvola co-abita anche un folletto venuto da Minneapolis che decide di organizzare un concerto per raccontanti in prima persona la storia di un ragazzo, un giovane qualunque che lavora part-time nel negozio di Mister MGee. 
In un giorno lavorativo qualunque, il garzone svolge svogliatamente le sue mansione, ma quella giornata diventerà speciale per lui,ì nel momento in cui entra lei, la ragazza con il cappello color lampone. Lei è speciale e affascinante dal look particolare, con quel cappello che sembra uscito da un negozio di seconda mano. 
Lei è così particolare che il ragazzo se ne innamora all'istante. E lei rimarrà sempre nel suo cuore, avendo scoperto con lei non solo l'amore, ma anche il sesso. La sua prima esperienza con una ragazza, la ragazza dal cappello color lampone. 
E il folletto di Minneapolis celebra questa storia appena sbocciata, attorniato dai suoi fan che ballano in perfetta armonia e sincronia, circondando il loro mito salito appositamente sulla tua nuvola per suonare .
Raspberry Beret è un video diretto da Prince e da Drew Takanashi, che cura l'animazione del videoclip. In 3'56'' Prince ci trasporta in un mondo fantastico e romantico, che trasuda gioia, ricreando una sorta di 'Woodstock dei sogni' dove si celebra la musica, la pace e l'amore. Musica e animazione si fondono, rendendo i toni delicati e innocenti di questo romance, come se volesse mantenere intatta la purezza e l'ingenuità adolescenziale di questo sentimento acerbo, ma genuino che prova questo garzone per la ragazza con il cappello color lampone.

martedì 26 aprile 2016

FILMOGRAFIA: Barkhad Abdi



NOME:
Barkhad Abdi
DATA DI NASCITA: 10 aprile 1985
LUOGO DI NASCITA: Mogadiscio, Somalia
PROFESSIONE: Attore







ATTORE:

(2016) Wolf Who Cried Boy - Reggie
(2016) Extortion - Miguel Kaba
(2015) The Extraordinary Journey of Bakir
(2015) Eye in the Sky - Jama Farah
(2013) Captain Phillips - Attacco in mare aperto - Muse

venerdì 22 aprile 2016

GOODBYE: Addio a Prince



Un'altra icona della musica se ne va. Nel 2015 Dio,  non pago di averci preso Lemmy dei Motorhead, si stava ancora annoiando parecchio da lassù. Forse il suo Ipod è rotto, forse internet non gli funziona (ma usa la banda larga, che diamine, hai creato il mondo in 7 giorni, aggiornati, puoi fare tutto!) e allora che fa? Nel 2016 decide di chiamare a sé per delle cazzutissime jam session le icone della musica cominciando dal mitico David Bowie, proseguendo per Glen Rey degli Eagles, fino a Keith Emerson degli Emerson, Lake and Palmer. Ogni mese, manco fossero i 10 piccoli indiani di Agatha Christie (12, perché tu le cose le vuoi fare in grande, vero Mr. D?) ti prendi un pezzo di storia della musica a random. E così per aprile ti sei scelto niente poco di meno che Prince. Ma bravo. 
Prince Rogers Nelson era ancora attivo nel campo musicale, alimentando sempre più selvaggiamente la sua bulimia musicale con due album usciti l'anno scorso, Hitnrun - Phase 1 e Hinrun - Phase 2, mentre il suo rapporto con il cinema è stato solo un 'mordi e fuggi' nella sua quasi quarantennale carriera. 
Prince era l'Orson Welles della musica. Nel 1978, a soli 20 anni riuscì a mettere le mani sulla propria creatività, riuscendo ad avere la paternità completa del suo album d'esordio - For You - prodotto da una major, la Warner Bros. Esattamente come riuscì l'immenso Orson Welles, che ebbe carta bianca a soli 25 anni nel 1940 quando realizzò Quarto potere.
Per la musica, sarà per sempre il geniale 'folletto di Minneapolis, ma per il cinema, Prince sarà per sempre 'The Kid' nell'ormai mitico Purple Rain (1984). La sua vita veicola in questo film, dove The Kid è un ragazzo che vive della sua musica insieme alla sua band i The Revolution. Non si sa quanto sia vera la parte personale (i genitori litigiosi e violenti, le band rivali - no, quello no, essendo stato l'unico artista a strappare un contratto cazzuto con la WB. Mangiate pane e invidia 'band rivali'), e l'incontro con Apollonia Kotero, sua musa nello schermo e nella vita reale. Poco importa, perché il personaggio The Kid/Prince è frutto della sua sua genialità, e anche se fosse autobiografico o meno, Purple Rain è un inno d'amore alla musica, alle donne, e di riscatto (fu forse il secondo cantante afroamericano a far breccia nel cuore dei bianchi dopo Michael Jackson). Il resto è storia: Prince vinse l'Oscar per la migliore canzone, facendo diventare Purple Rain il tormentone degli anni Ottanta e forse a tutt'ora il suo classico più conosciuto.
Il passo successivo però si rivela un flop: seppur omaggiando 8 1/2  di Fellini e le comiche di Gianni e Pinotto, Under the Cherry Moon, dove interpretò un gigolò innamoratosi della bella Kristin Scott Thomas dopo un tentativo ti truffa. Razzie Award 'a manetta', ma si sa che senza il brutto, il bello non può esistere ed ecco che spunta quella piccola perla di Parade, colonna sonora (e album a sé), nonché il preferito della Director's cult. 
La peculiarità di Prince fu la caparbietà, ed eccolo che nel 1987 ritorna con il concerto per promuovere uno dei suoi album meno apprezzati in patria, Sign'o the Times. Non pago, nel 1990 ecco che ritorna The Kid più maturo e più sicuro di sé con Graffiti Bridge. Ma anche questa volta, Razzie come se piovessero. Comunque la colonna sonora  (con chicche come Love Machine e Thieves in the in the Temple) è l'unica ragione per la quale questo film dal vago sentore trash deve esistere
Il cinema fu una grande altalena: e se dal punto di vista attoriale non riuscì mai a sfondare veramente (anche Madonna ha lo stesso problema. Provaci e provaci e daje che l'è andata bene solo Cercasi Susan disperatamente, Dick Tracy ed Evita), riuscì comunque a lasciare il segno con le sue belle colonne sonore: in primis Batman  - Party Man è spettacolare, usata nella scena in cui il Joker fa il suo ingresso trionfale nel museo per il suo personale party, distruggendo di tutto e di più e soprattutto Bat Dance, la numero 1 delle classifiche del 1989. Prince con Batdance riuscì a ricreare perfettamente il mondo dark e pop del film di Tim Burton, mischiando un rock energico e al limite del violento, virando per il suo iconfondibile stile funky ricco di leitmotiv - 'Go-go-go with the smile/Stop the press/who's that? Vicky Vale, Vicky Vale/ I like batmaaaan - riuscendo a creare un Batman musicale così sexy (nella canzone Batman una botta a Vicky Vale gliela darebbe volentieri) e funky da far sembrare Hold me, Thrill me, Kiss me degli U2 (usata per l'orrido Batman Forever) dei rantoli vogliosi per quel pipparolo di Batman di Schumacher. 
Spike Lee lo volle per la colonna sonora di Girl 6 e Bamboozled, mentre i consensi li raccolse ancora con Happy Feet, vincendo un Golden Globe per la canzone Song of Heart.
Al di là dei passi falsi nel cinema, Prince Rogers Nelson riuscì a intrufolarsi nella settima arte lasciando una impronta indelebile con Purple Rain e Batman OST.  Get the funk up! 


giovedì 21 aprile 2016

LEZIONE DI CINEMA: L'off screen sound in C'era una volta il West




Il bello del cinema è che si può creare un mondo dove i pensieri, la musica e i rumori prendono vita autonoma, come se si materializzasse un flusso di coscienza che di solito è quasi una esclusiva di un certo tipo di letteratura (Italo Svevo, Marcel Proust, Virginia Woolf ne furono i massimi esponenti). 
Nel cinema questo flusso di 'rumori' ci sono, ma non si vedono, grazie alla tecnica dell'off screen sound. In che senso? Come nella musica extradiegetica, che accompagna il film e il personaggio che non può udire la musica, fungendo da colonna sonora (a differenza della musica diegetica che avviene in campo, per esempio quando un personaggio suona il pianoforte a una festa), il suono è anch'esso fuori dal campo, ma a differenza della musica extradiegetica, il personaggio sente il rumore/canzone/suono, mentre lo spettatore non può risalirne la fonte. In questo caso il suono è acusmatico (cioè fuoricampo) e diegetico (che viene sentito dal personaggio) 
Uno degli esempi di off screen sound avviene in C'era una volta il West (1968). Nella scena finale, il personaggio di Charles Bronson, Armonica. viene inquadrato in primissimo piano mentre si volta all'orizzonte perché sente il fischio del treno che sta per arrivare in città, ma noi non capiamo da dove arriva finché il dolly non alza l'inquadratura facendo uscire dal campo visivo Bronson per inquadrare il treno in lontananza (che arriva mediante l'uso di un campo lungo). 
La bellezza di questo espediente tecnico, miscelato con la musica extra-diegetica di Ennio Morricone, conferisce alla scena realismo, con un tocco di liricità che chiude alla perfezione questo grande western di Sergio Leone

martedì 19 aprile 2016

NEWS: I vincitori del David di Donatello



I David di Donatello suscitano gioia e malcontento, un po' come il fratello 'ammerigano' degli Oscar: 16 nomination e un solo premio al film postumo di Claudio Caligari Non essere cattivo, che sembrava il favorito della serata. 
Un po' come succede agli Oscar, quando il favorito viene battuto dal film in sordina che non ti aspettavi: infatti il miglior film italialo quest'anno è Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, sopresa al botteghino made in Italy, facendo tutt'ora ottimi incassi. 
Matteo Garrone batte Sorrentino (che si deve accontentare solo dei premi tecnici per il suo Youth - sonoro e miglior musicista) soffiandogli il premio come miglior regista, facendo man bassa soprattutto nelle categorie tecniche (tra cui ilmiglior trucco e scenografia). 
Altro film che ha fatto incetta di premi è Lo chiamavano Jeeg Robot: migliore regista esordiente a Gabriele Mainetti, migliore attore (Claudio Santamaria), migliore attrice (Ilenia Pastorelli), migliore attrice non protagonista (Antonia Truppo), attore non protagonista (Luca Marinelli).
Ecco i premi:

MIGLIOR FILM
Perfetti sconosciuti

MIGLIORE REGISTA
Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Matteo Garrone

MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE
Lo chiamavano Jeeg Robot – Gabriele Mainetti

MIGLIORE SCENEGGIATURA
Perfetti sconosciuti – Filippo Bologna, Paolo Costella, Paolo Genovese, Paola Mammini, Rolando Ravello

MIGLIORE PRODUTTORE
Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti per Goon Films, Rai Cinema

MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Lo chiamavano Jeeg Robot – Ilenia Pastorelli

MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA
Lo chiamavano Jeeg Robot – Claudio Santamaria

MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Lo chiamavano Jeeg Robot – Antonia Truppo

MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Lo chiamavano Jeeg Robot – Luca Marinelli

MIGLIORE AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Peter Suschitzky

MIGLIORE MUSICISTA
Youth – La giovinezza – David Lang

MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
Youth – La giovinezza – “Simple song #3″ musica e testi di David Lang interpretata da Sumi Jo

MIGLIORE SCENOGRAFO
Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Dimitri Capuani, Alessia Anfuso

MIGLIORE COSTUMISTA
Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Massimo Cantini Parrini

MIGLIORE TRUCCATORE

Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Gino Tamagnini, Valter Casotto, Luigi D’Andrea, Leonardo Cruciano

MIGLIORE ACCONCIATORE
Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Francesco Pegoretti

MIGLIORE MONTATORE
Lo chiamavano Jeeg Robot – Andrea Maguolo con la collaborazione di Federico Conforti

MIGLIOR FONICO DI PRESA DIRETTA

Non essere cattivo – Angelo Bonanni

MIGLIORI EFFETTI DIGITALI

Il racconto dei racconti – Tale of Tales – Makinarium

MIGLIOR DOCUMENTARIO DI LUNGOMETRAGGIO
S is for Stanley di Alex Infascelli

MIGLIOR FILM DELL’UNIONE EUROPEA
Il figlio di Saul di Laszlo Nemes

MIGLIOR FILM STRANIERO

Il ponte delle spie di Steven Spielberg

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
Bellissima – di Alessandro Capitani

DAVID GIOVANI
La corrispondenza di Giuseppe Tornatore

lunedì 18 aprile 2016

RECENSIONE: Mistress America



Titolo: Mistress America
id., USA 2015
Cast: Greta Gerwig, Lola Kirke.
Sceneggiatura: Greta Gerwig, Noah Baumbach.
Regia: Noah Baumbach.
Durata: 85'

Chi l'ha detto che a New York si ha una vita eccitante ed estremamente cool? Chiedetelo a Tracy (Lola Kirke),  matricola universitaria dalla vita sociale non proprio esaltante. La 'sonnolenta' vita di Tracy viene scossa dall'arrivo di Brooke Cardinas (Greta Gerwich), sua futura sorellastra e vulcanica trentenne che si districa tra lezioni di spinning, una band con la quale canta occasionalmente e il sogno di aprire un ristorante. Brooke trascina Tracy nel suo mondo eccitante con base a Time Square, ma non tutto è oro quel che luccica.
Noah Baumbach torna a esplorare la vita newyorkese colmando il gap tra i ventenni (quasi trentenni) di Frances Ha e i quarantenni affascinati dai ventenni di Giovani si diventa, arrivando con Mistress America a una sorta di trilogia ideale, tre film che rappresentano crisi generazionali con annesse difficoltà a sopravvivere nella metropoli newyorchese. 
Per l'occasione 'arruola' la fidata Greta Gerwich  - che ha il compito di offrire uno sguardo sull'unverso dei trenta, trentenni che affasciano i ventenni nonostante siano in perenne crisi;  con annesso punto di vista sui ventenni che non sanno come godersi la gioventù. Messa così è un po' ingarbugliata e confusa, ma i personaggi di Baubach sono di fatto ingarbugliati e confusi, alla perenne ricerca della propria strada, a prescindere dall'età. 
Infatti da un lato troviamo Tracy, che dovrebbe sprizzare interesse e 'fame di vivere' in una delle più eccitanti città rese immortali dal cinema (Woody Allen docet) e dalla televisione (Sex and the City), e invece niente, si trova come un pesce fuor d'acqua al limite dell'apatico e l'unica cosa che la stimola è la scrittura. E la quasi sorellastra è la sua musa perfetta per il suo romanzo, la sua mistress America del titolo.
Dall'altro lato invece abbiamo Brooke, la vitalità fatta a persona. Brooke è terribilmente cool, tanto che la sua ex amica le ha rubato il fidanzato, il progetto lavorativo e pure il gatto. Al di là di questi incidenti di percoso, Brooke non si perde d'animo, godendosi ogni cosa che le offre la città che non dorme mai, permettendole di fare quello che vuole, o quasi. 
Perché Brooke la trentenne vive nel mondo dei sogni, dove immagina di aprire (l'ennesimo) ristorante hipster in una metropoli hipster dove anche il gatto rubatole può diventare a sua volta hipster, dando per scontato che tutto le sia dovuto e che basta una bella idea per aprire il vaso di Pandora che porta alla felicità e alla realizzazione professionale. Forse solo per un breve periodo, prima di passare a qualcos'altro di più sfizioso. 
E invece i ventenni come Lola hanno i piedi ben piantati per terra (o almeno così sembra), e anche se lei non sa abbandonarsi alla leggerezza che la sua età le consente di vivere, freme di competizione per poter accedere a un prestigioso club letterario, anche a costo  di 'rubare' la vita di Brooke - che a sua volta ruba l'ingenuità dei venti anni che non ha più per costruire i suoi castelli in aria e vivere solo il lato frivolo della vita - arrivando ad apparire ridicola agli occhi di Tracy che non la mette su un piedistallo. E una volta scesa nel mondo reale, Brooke capisce che i 'sogni non son desiseri' (vale solo per quella gran cula di Cenerentola!) e a nulla vale il viaggio on the road in Conneticut con confronto/scontro con l'ex, che non è proprio amorevole come la fata Turchina, dicendole che la sua carrozza è sempre stata una zucca (e il principe è anche in sovrappeso e preferisce la sorellastra cattiva a lei). 
Brooke incassa il colpo, ma da brava sognatrice qual è non si perde d'animo, raccoglie i cocci e si rimette in carreggiata. Tracy invece ridimensiona le sue velleità letterarie e forse ha perso l'occasione di vivere una vita vera, e non artificiale come un (bellissimo) romanzo può essere.
Mistress America non ha la briosità di Frances Ha, ma comunque offre uno sguardo disilluso e meno cinico di Giovani si diventa, rappresentando una generazione che può solo sognare una vita fantastica atteggiandosi da vincenti, facendo credere di avere il mondo in mano e invece è solo uno specchietto per le allodole. Scritto dalla 'premiata ditta Gerwich & Baumbach', Mistress America ha il merito di raccontare una generazione di trentenni che nasconde la propria fragilità dietro un vulcano di idee che purtroppo rimangono tali; esercitando un discreto fascino verso i ventenni che quasi vampirizzano questi modelli di comportamento pur di arrivare alla propria meta, dimenticandosi che hanno tutto il tempo davanti per testare il sapore del cinismo e della disillusione. Forse è meglio essere ogni tanto sognatori, no?

Voto: 7
A.M.

domenica 17 aprile 2016

FILMOGRAFIA: Rinko Kikuchi



NOME:
Rinko Kikuchi
DATA DI NASCITA: 06/01/1981
LUOGO DI NASCITA: Kanagawa, Giappone
PROFESSIONE: Attrice






ATTRICE:

(2015) Nobody Wants the Night - Allaka
(2013) Last summer - Naomi
(2013) Pacific Rim - Mako Mori
(2012) 47 Ronin - Mizuki
(2009) Map of the Sounds of Tokyo - Ryu
(2008) The Brothers Bloom -
(2006) Arch Angels -
(2006) Babel - Chieko
(2005) Funky Forest: The First Contact -
(2005) Portrait of the Wind -
(2004) The Reason -
(2004) Survive Style 5+ -
(2004) 69 -
(2004) The Taste of Tea -
(2001) Drug - Mai
(2001) Hole in the Sky - Taeko
(2000) By Player -
(1999) Will to Live -

giovedì 14 aprile 2016

COMING SOON: Eye in the Sky



Il colonnello Katherine Powell (Helen Mirren) è al comando di una base militare nel Sussex e ha la delicata missione di catturare l'estremista Al-Shaab, che si trova in un nascondiglio a Nairobi. L'aera è costantemente monitorata da un drone controllato dal pilota USAF Steve Watts (Paul Allen) in Nevada, mentre sul suolo kenyota vi è la collaborazione dell'agente in copertura Jamal Farah (Bakrhab Abdi), che manda le informazioni a Powell tramite un bug wire. Con un team del genere il colonnello Powell ha il terrorista in pugno, ma la situazione precipita quando  scopre che Al-Shaab è intenzionato a far esplodere due kamikaze contro i civili. 
Powell deve passare dalla missione di cattura all'uccisione del criminale, con un missile che deve colpire il nascondiglio tramite USAF. 
Powell però è combattuta: uccidere Al-Shaab insieme alle persone che vivono nelle case circostanti, o salvare quei pochi civili, lasciando che il terrorista compia la sua strage? L'ultima parola spetterà al generale Frank Benson (Alan Rickman), che supervisiona la missione da Londra.
Eye in the Sky è un trhiller inglese, che presenta il dilemma morale dell'uso dei droni (l'occhio nel cielo del titolo ) che controllano segretamente la società civile per combattere il terrorismo. 
Il film ha le carte in tavola per tenere lo spettatore incollato alla sedia per un paio di ore, supportato da un ast di prim'ordine con la sempre brava ed eclettica Helen Mirren, e soprattutto uno dei due film postumi di Alan Rickman, scomparso il gennaio scorso. 

mercoledì 13 aprile 2016

100% PURE GLAMOUR: Jenny Beavan, la costumista (trashy) rock



Il mese scorso si è tenuta la cerimonia degli Oscar, che finalmente ha premiato DiCaprio amore della sua mamma e della vita nostra. Premi meritati/prevedibili a parte, a dare uno scossone alla sonnolenta aurea di bon ton che contraddistingue la cerimonia degli Academy Awards ci ha pensato lei, Jenny Beavan. Jenny chi? La vincitrice dell'Oscar per i migliori costumi di Mad Max: Fury Road. Ma perché mai ha fatto scalpore la signora Beavan?
Perché si è presentata come 'una camionista di un video dei Village People' (tweet rubato dalla Poison di Viaggiando Meno), sputtanando il dress code con un vestito e una camminata che sì, pare proprio di una camionista.
Al grido di 'ovvove' non sono state le sciccosissime attrici bardate Dior (J-Law, poi ne dobbiamo parlare dei tui outfit, si, è vero che te l'ho promesso, ma sono stata un po' busy, sorry), Versace o Marchesa, ma ometti indispettiti (sì Inarritu, dico proprio a te) che si sono pure rifiutati di applaudire la sua vittoria!
Ma perché, perchè??? Perché la sciura Beavan si è presentata con il capello sì vaporoso, ma non acconciato, zero trucco e soprattutto con pantaloni neri, camicia, pashmina e una giacca di pelle. Aaaargh, manco Cenerella si sarebbe presentata così al ballo!
La costumista si è vestita dem...'low profile' perché 1) è inglese. In Uk, specialmente a Londra, c'è una particolare fauna femminile che va in giro conciata che mancu li cani, dove ci sono le mamme che indossano i leggins leopardati e la finta pelliccia tipo 'mi sono appena messa addosso una scimmia che ho scannato in giardino all'alba'. Vestendo poi le figlie allo stesso modo. Altro must è l'infradito in pieno autunno, specialmente se la giornata è piovosa. Last but not least, più oversize sei, più vestitino e minigonna metti, al grido di ca°zo mene, vado in giro come mi pare e piace. Gli uomini invece sono più sobri, limitandosi a ostentare una gravidanza da birra.
Le gattare secondo Stephen Fry
2) dice che con l'abito da sera sta male e ha problemi alla schiena (associato al culo tanto, che è tipico di almeno 60% delle donne inglesi insieme alla gamba grossa quanto la mia coscia. E io sono in sovrappeso di 4-5 kg, facciamo 6-7kg va là che oggi sono positiva,  e non ho le gambe da ballerina. E tengo il culo tanto pure io).  In più non indossa i tacchi, la donna impavida!
3) Dice che si è vestita con la giacca di pelle per omaggiare Mad Max: ury Road.Che doveva vincere come miglior film, ma pazienza.
4) Il suo stile fa così scruffy che Stephen Fry si è beccato delle minacce di morte su twitter per averla presa per il culo (l'aveva chiamata gattara/barbona per come si era conciata ai BAFTA 
6) Stephen Fry è il migliore amico di Jenny Beavan e questo la dice lunga su come si vestono la maggior parte delle donne inglesi, ergo demme...low profile.
In realtà Ms. Beavan è poco avvezza al vestito da sera, e lo aveva già dimostrato nel 1986, quando
vinse il suo primo Oscar per i costumi di Camera con vista. Per l'occasione aveva sfoggiato uno smoking declinato al femminile, ma la capigliatura era la stessa e il tocco slavato all inclusive.
Tipica taglia tettonica in Uk
Ma com'è lo stile di Jenny Beavan sfoggiato agli Oscar? In realtà è rock.  Trashy, ma rock. La signora è cazzuta e si è bardata con una giacca di finta pelle firmata Marks and Spencer, brand inglese famoso per i suoi vestiti da donna da vegliarda e per i reggiseni da tettone che io posso usare come cuscino (l'80% delle donne inglesi è tettonissima, a zolle!) mettendoci su gli Svaroswky. 
La parte più figa sta appunto nel disegno che ha creato un teschio, con tanto di cerchio circondato fiamme rosse sempre in Swarosvky, richiamando appunto lo stile del film e omaggiando il personaggio di Immortan Joe, che pare sia uscito più dal potere di Greyskull che dall'inferno della Cittadella di Mad Max. A completare il trashy/rock look ci pensa l'immancabile sciarpa, che vuole rappresentare uno straccio d'olio di una delle vrooom vrooom macchine che sfrecciano lungo le strade della fury road.
Ms. Beavan avrà anche peccato di una mancanza di etichetta, e non sarà stata petalosa come Cate Blanchett (sì, l'hanno detto tutti e lo devo dire pure io, okay?), ma comunque la sua eleganza la sa esprimere nei deliziosi abiti che tanto piacciono a James Ivory (l'ah voluta per i costumi di Camera con Vista, Maurice, Quel che resta del giorno, Jefferson in Paris). Lei fa spallucce 'pensando ca@zo mene'. Very British style.

domenica 10 aprile 2016

MONOGRAFIA: David Bowie



David Bowie non fu solo il mitico White Duke e il magnifico Ziggy Stardust né il tormentato Nathan Adler, ma segnò la scena cinematografica con una bella manciata film lungo Quarant'anni.
Il suo debutto avvenne quando ancora David Robert Jones - nato a Brixton, quartiere di Londra l'8 gennaio del 1947 - lontano dal creare il suo primo e mitico personaggio, Ziggy Stardust, con The Image (1967) un corto di genere horror distribuito nelle sale a luci rosse dei cinema londinesi durante l'intervallo tra il primo e il secondo tempo. Come una sorta di Dorian Gray, Bowie si materializza da un dipinto, e vani sono i tentativi di ucciderlo da parte del pittore, perché si materializza costantemente, peggio di un incubo. 
La sua carriera musicale, si sa, divenne un successo inarrestabile (Space Oddity, The Man Who Sold the World, Aladdin Sane) e ci vollero ben dieci anni per rivederlo al cinema, fino a pochi mesi fa considerato il suo esordio (prima del ritrovamento di The Image, la quale si potevano trovare poche scene online). E ovviamente il ritorno fu in grande stile, ne L'uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg (1976), nei panni di un alieno, Thomas Jerome Newton, che arriva sulla Terra con 9 brevetti rivoluzionari sulla musica, chimica, e altri campi scientifici e artistici. Per questo ruolo (non tanto diverso dal suo alter ego Ziggy, androgino e misterioso), vinse un Saturn Award come migliore attore protagonista. 
La sua carriera musicale prosegue parallelamente con quella cinematografica, e il cinema inizialmente sembra essere uno 'strascico' delle sue esperienze musicali: dopo l'alieno Newton (a tre anni dalla 'uccisione' dell'alieno Ziggy Stardust) eccolo tornare 'live' cantando a un concerto che Christiane F. assiste ne Berlino in Noi ragazzi dello Zoo di Berlino (1982). Qui Bowie sembra quasi omaggiare la città che lo aveva ispirato per la sua Berlin Trilogy tra il 1976 e il 1979 (Station to Station, Low, Lodger).
La svolta però avvenne l'anno successivo con Nagisa Oshima che lo volle protagonista del suo Furyo, dove interpreta un ruolo di rilievo che non ha a che fare con la sua icona musicale: Mr. Lawrence, mediatore culturale inglese e detenuto in un campo di prigionia giapponese durante la Seconda guerra mondiale. 
Il cinema sembra avere un appeal sempre più forte sul duca bianco, tale da farlo diventare un fascinoso vampiro in cerca di sangue e di una cura contro l'invecchiamento precoce in Miriam si sveglia a mezzanotte (1982), divenendo il compagno dell'altrettando algida e aristocratica Catherine Deneuve.
Il 1986 fu comunque l'anno che lo consacrò a icona fantasy con Labyrinth, interpretando il fascinoso e mefistofelico Jared, il re dei Goblin, che rapisce il piccolo Toby esaudendo il desiderio della capriciossa Sarah, costringendola a farla percorrere un impervio labirinto per ritrovare il fratellino e per costringerla a crescere. Bowie curò anche la colonna sonora (inclusa la hit Magic Dance), così come fece per Absolute Beginners, musical di Julian Temple con Patsy Kensit, in una Londra degli anni Cinquanta ancora lontana dal mood swingin, ma pronto ad accettare il rock, quando diversità razziale era pronta a esplodere nel quartiere di Notting Hill.
I registi di culto non se lo lasciano sfuggire: Martin Scorsese lo volle nel ruolo di Ponzio Pilato nel suo L'ultima tentazione di Cristo (1988), David Lynch lo volle nel ruolo dell'agente FBI Philip Jeffrey per indagare sugli ultimi giorni di Laura Palmer in Twin Peaks: fuoco cammina con me.
Una pausa di tre anni ed eccolo nei panni di Andy Wharol in Basquiat (1996), omaggio del pittore Julian Schnabel al suo collega e amico Jean Michel Basquiat. Bowie sembra ricreare il legame cinema-musica: il cantante infatti conobbe realmente l'icona della Pop-Art nel 1971, durante il suo tour americano, tale da dedicargli un brano in Hunky Dory.
Nel 1998 fece un salto in Italia per girare Il mio West di Giovanni Veronesi con Leonardo Pieraccioni
Una pausa e nel 2001 torna in uno dei camei più cool del momento: è semplicemente sé stesso, giudice di gara tra il modello Hansel e il modello Zoolander nella spassosa satira fashion Zoolander. solo 4 minuti, ma lasciano il segno: capello liscio, completo giacca senza cravatta, è il più cool di tutti. E' lui che decide le regole del walk off e prende appunti minuziosamente con tipico aplomb British, squalificando il modello bello - bello - in modo assurdo che fallisce nel tentativo di smutandarsi senza toglierli i pantaloni.
Nel 2006 dopo aver vestito i panni di Nikola Tesla ne The Prestige dovette fare una pausa forzata a causa di un attacco di cuore avuto durante il Reality Tour: se la musica non lo abbandonerà fino alla fine - Black Star vedrà la luce il giorno del suo 69esimo compleanno, due giorni prima la sua scomparsa avvenuta il 10 gennaio di quest'anno, il cinema lo rivede per l'ultima volta nel film Augurs (2008) con Josh Hartnett. 
Poco importa, perché David Robert Jones ebbe sempre un approccio cinematografico nella sua musica (The Star Are Out Tonight con Tilda Swinton, The Heart Filrhy Lesson diretto da David Fincher, canzone dei titoli di testa di Seven, e su tutti Blackstar, 10 minuti che sembrano un cortometraggio invece che un videoclip), regalandoci ruoli che hanno fatto sognare i suoi fan (e forse anche i suoi detrattori). 

venerdì 8 aprile 2016

NEWS: Michael non mollare!



Michael J. Fox era al culmine della sua carriera quando, nel 1991, all'età di trent'anni gli venne diagnosticato il morbo di Parkinson. La star di Ritorno al futuro e Teen Wolf non demorde, continuando la sua carriera tra cinema (Mars Attacks!, Sospesi nel tempo) e televisione (Spin City). 
Purtroppo però con il passare degli anni, la malattia progredisce e l'attore deve diradare gli impegni, rendendo pubblica la malattia nel 1998 e lasciando la serie Spin City nel 2002. La forza di Michael J. Fox però sta nell'affrontare le avversità, e lo dimostra la sua battaglia contro il morbo con il The Michael J. Fox Foundation for Parkinson's Research , una raccolta di fondi che finanzia la ricerca sulla malattia. 
Rumours affermano che recentemente l'attore stia peggiorando, sopraffatto dalla malattia: pare che stia perdendo gradualmente la mobilità del piede sinistro e che faccia fatica a parlare. 
Fin dal principio la sua diagnosi non prometteva nulla di buono, con un alto rischio di rimanere paralizzato agli arti inferiori prima dei 60 anni. Gli avevano anche detto che la sua carriera sarebbe durata una decina di anni, e invece il suo ultimo lavoro risale al 2013, recitando nella serie The Michael J. Fox Show. Il morale è a terra, ma la tenacia che l'ha portato a combattere la malattia è intatta. Michael J. Fox a giugno compirà 55 anni, la quale ne ha spesi 25 nel dare una speranza per una malattia che non ha ancora trovato una cura. Non mollare Michael! 

IL CIRCOLO DI CUCITO: Drew, non c'è due senza tre (divorzi)



Drew Barrymore, sei una ragazzaccia! Volevi farci credere di aver messo la testa a posto, eh? Ormai il passato da bad girl era sepolto da due decadi per far posto al ruolo di mamma bis (Olive, 3 anni, Frankie, 2 anni) che si barcamena tra il ruolo di attrice, produttrice, business woman (la linea Flowers Makeup e un'azienda vinicola da poco fondata, la Barrimore Wines) e di moglie. E invece no! La ragazzaccia ritorna in sé, e decide di divorziare per la terza volta. Questa volta il benservito è toccato a Will Kopelman, mercante d'arte newyorchese. 
Due cuori e una capanna? No, se le 'capanne' in questione sono due, una a New York (dove vuole vivere lui) e una a Los Angeles (dove vuole vivere lei).
Per un po' Drew ha cercato di vivere nella grande mela, cercando quella stabilità affettiva che non ha avuto durante la sua infanzia/adolescenza. Poi però il ruolo di moglie perfetta (forse) ha cominciato a farla sentire infelice, pensando che la soleggiata California potesse essere il luogo adatto dove far crescer le figlie. A quanto pare questa sarebbe stata la motivazione, la volontà di vivere due stili di vita differenti in due Stati differenti. 
'Ognuno a ca' propria' e per un po' hanno vissuto separati, facendo incrementare il distacco che ha portato poi alla rottura definitiva.
Comunque Drew, non sei così tanto ragazzaccia, avendo parlato pubblicamente con serenità del tuo brutto periodo, volendo concentrarti sul benessere delle tue bambine, dedicando loro anche un tatuaggio. Cuore di mamma ancora un po' ribelle.

lunedì 4 aprile 2016

FILMOGRAFIA: Alicia Vikander




NOME:
Alicia Vikander
DATA DI NASCITA: 03/10/1988
LUOGO DI NASCITA: Västra Götalands län, Göteborg, Svezia
PROFESSIONE: Attrice







ATTRICE:

(2017) Submergence - Danielle Flinders
(2016) The Light Between Oceans - Isabel Sherbourne
(2016) Jason Bourne -
(2015) Tulip Fever - Sophia
(2015) Il sapore del successo - Anne Marie
(2015) The Danish Girl - Gerda Wegener
(2015) Operazione: U.N.C.L.E. - Gaby
(2015) Ex_Machina - Ava
(2014) Il settimo figlio - Alice
(2014) Son of a Gun - Tasha
(2014) Generazione perduta - Vera Brittain
(2013) Hotell - Erika
(2013) Il quinto potere - Anke Domscheit
(2012) Anna Karenina - Kitty
(2012) Royal Affair - Caroline Mathilde
(2011) Kronjuvelerna - Fragancia Fernandez
(2009) Till det som är vackert - Katarina
(2009) Susans längtan (Corto) - Ragazza nell'apartamento
(2008) Höök (Episodi Tv: "Studentmordet - Del 1", "Studentmordet - Del 2") - Katarina
(2008) Love (Corto) - Fredrika
(2007-2008) Andra Avenyn (Serie Tv) - Jossan Tegebrandt Björn
(2007) Levande föda (Mini-serie Tv) - Linda
(2007) The Rain (Corto) - Ballerina
(2007) Darkness of Truth (Corto) - Sandra Svensson
(2005) En decemberdröm (Serie Tv) - Tony
(2003) De drabbade (Mini-serie Tv, episodio: "Slutet") -
(2002) Min balsamerade mor (Film Tv) - Ebba Du Rietz

sabato 2 aprile 2016

MOVIE ON THE ROAD: La Barletta di Ettore Fieramosca



La Puglia è una delle regioni meridionali ricca di zone costiere e montuose, con le sue rocce calcaree e dolomitiche. La Puglia è abbracciata da un clima tipicamente mediterraneo, con i suoi trulli (il trullo di Alberobello è stato definito patrimonio culturale dall'UNESCO) e soprattutto con i sapori della sua buona cucina, su cui domina il tipico piatto delle orecchiette con le cime di rapa, insieme ad altre delizie come i cavatelli con le cozze e la burrata.
Ettore Fieramosca
Epitaffio disfida di Barletta
Ma la Puglia è anche una perfetta location per i set cinematografici italiani. Barletta è il set perfetto per Ettore Fieramosca di Alessandro Blasetti (1938), con Gino Cervi. Anche se in realtà il film è stato interamente girato negli studi Titanus di Roma,  il film offfre una precisa ricostruzione della famosa disfida di Barletta, scontro cavalleresco avvenuto nel 1503 tra Andria e Croato. Blasetti è attento nei particolari e ricrea la cittadina ricca di arenarie e tufo nel 1600, puntando comunque molto sulle atmosfere che sui contenuti storici, esaltando l'epicità del condottiero Ettore Fieramosca che si batté con onore contro i francesi per il possesso del Napoletano. Blasetti attraverso il film fece una rivendicazione dell'onore nazionale, sentimento diffuso all'epoca del regime fascista (anche perché con la legge Alfieri, lodare le glorie nazionali era praticamente d'obbligo). Al di là delle ideologie politiche, il cinema è sempre un modo per creare un efficace affresco storico, compito che Blasetti ha saputo fare, facendo riemergere la cittadina italiana nel Diciassettesimo secolo.


venerdì 1 aprile 2016

IL CIRCOLO DI CUCITO - LERCIO EDITION: Leonardo DiCaprio si fa monaco



Ora che ha vinto l'Oscar, ora che ha avvertito mezzo mondo dei problemi ecologici, Leonardo DiCaprio è un uomo che non sa più cosa fare nella vita, non sa che pesci pigliare per esser soddisfatto.
Modelle, party, film, Oscar, la mamma sempre attaccata alle chiappe, basta! Leo non ce la fa più e ha deciso di chiudere baracca e burattini dedicandosi alla ricerca del suo io interiore. Gisele Bundchen ha provato a fargli cambiare idea, dicendo di mollare marito e bambini per ritonare da lui. Ma niente, questa fuìtina non s'ha daffare. JLo flirta ad cadzum via SMS dicendo che ha bisnogo di staccare la spina, ma niente, lui non gliela stacca. E soprattutto Leo non demorde, vuole sapere l'origine dell'uomo, e la risposta non è mangiando fegato di bisonte quando si è vegani!
Da dove vieniamo? Quelo dice da Foggia, e così Leo ha deciso di andare dai Frati fratellani di Foggia, dove passerà un anno di santità in modo da farlo ritornare vergine. Vai Leo, trova la tua strada!