martedì 28 luglio 2015

CULT MOVIE: Superstar: The Karen Carpenter Story




Titolo: Superstar: The Karen Carpenter Story
Id. USA, 1988
Cast: Voci di Merril Gruver, Michael Edwards, Melissa Brown.
Sceneggiatura: Cynthia Schneider, Todd Haynes
Durata: 43'20''




Nel panorama musicale di fine anni Sessanta dominato dal progressive Rock dei King Crimson e il rock anglosassone dei Rolling Stones, i The Carpenters - duo formato dai fratelli Karen e Richard Carpenter – si presentarono con il loro pop venato da accenni di soft rock per reclamare l’eredità dei Beach Boys e dei Mamas and Papas. La musica dei fratelli Carpenter è romantica e sognante, con un pop leggero venato da accenno di soft rock: chi non ha mai sentito Close to you?
...Why do birds suddenly appear
Every time you are near?
Just like me, they long to be
Close to you...
Liriche zuccherine e musica orecchiabile (costruita in realtà ad hoc con una serie di complessi arrangiamenti musicali creati dall’estro di Richard), rappresentarono la ricetta vincente per questa coppia di fratelli provenienti dal Connecticut, così genuini e sorridenti, in cui era impossibile non amarli ed ergerli a stelle nascenti della musica leggera americana.
Con il cortometraggio Superstar: The Karen Carpenter Story, film d'esordio del regista Todd Haynes - considerato uno dei 50 cult movie di sempre,  dopo essere stato ritirato a causa di una  controversia legale vinta da Richard Carpenter -  il regista di Carol (all’epoca esordiente) riesce a distruggere in meno di 45 minuti la perfezione perpetrata dallo showbusiness, eccellenza che tentava di raggiungere a tutti costi Karen con Superstar.
Perfezione in realtà mai esistita: nel 1983 la cantante Karen Carpenter morì in seguito alla debilitazione causata dall'anoressia nervosa, dopo vent’anni di carriera che la portarono alla Casa Bianca, cantando di fronte al presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, fino al declino acuito dalla malattia di cui Karen ha sofferto per molti anni.
Todd Haynes apparentemente dirige una semplice documentario/biografia di Karen Carpenter, ma in realtà questo cortometraggio cult, rappresenta il fallimento della perfezione e con essa la perversione del sistema dello showbusiness, capace di metterti su un trono un giorno, per poi detronizzarti alla velocità di un battito di ciglia.
Nelle mani del regista Todd Haynes la parabola autodistruttiva della popstar dei The Carpenters, diventa anche un pamphlet sull’anoressia, una malattia di origine nervosa che ancora oggi è un tabù difficile da affrontare, nonché demone che si è impadronito di generazioni di donne pronte a 'sacrificarsi' in nome della bellezza ideale.
Attraverso Karen, Haynes rappresenta il vicolo cieco di una malattia che all'epoca - gli anni Sessanta - era ancora una patologia sconosciuta, i cui segnali dell’insorgere dell’anoressia spesso venivano ignorati o non capiti completamente dalla famiglia.
Il ritratto che Haynes fa della famiglia Carpenter è impietoso: Karen sembra vittima delle costrizioni della sua famiglia, una sorta di burattino (o bambola per come è rappresentata nel cortometraggio) tenuta sotto controllo, da proteggere assolutamente.
A 25 anni Karen Carpenter era una popstar, ma viveva ancora a casa dei genitori.
Il rapporto con la madre è conflittuale:  la madre è asfissiante e iper protettiva, e non capisce che la figlia non accetta il suo corpo, vedendosi sempre grassa, tipica immagine distorta di chi comincia a nutrire il tarlo dell'anoressia.
Con il padre invece il rapporto appare ambiguo: Haynes alla fine del corto introduce una scena in cui Karen viene ripetutamente sculacciata (forse dal padre, ma Haynes è abile nel mescolare le carte rappresentando la scena in modo quasi onirico) - quasi a voler suggerire il fatto che Karen sia stata 'una cattiva bambina' deludendo le aspettative paterne.
Il rapporto più spinoso però è con il fratello Richard, suo partner artistico.
Richard Carpenter viene visto come la mente e l’anima dei The Carpenters: è lui a vedere il talento della sorella, è lui che scrive i testi ed è lui che esegue gli arrangiamenti musicali. Karen è uno strumento aggiuntivo, quella voce meravigliosa che lei stessa stenta di riconoscere come un dono naturale.
Richard vede nella malattia di Karen un sabotaggio per loro favolosa carriera, carriera che incontrerà inevitabilmente un declino perché con l'avvento dei frivoli anni Ottanta.
Se nella vita privata Karen è ‘castrata’ dai genitori, nella sfera professionale Karen sembra tiranneggiata dal fratello.
La vita di Karen Carpenter sembra sotto controllo, una prigione dorata dove lei e la sua fragilità e la sua sensibilità sono iper protette.
E come riprendere controllo di sé stesse se non prendendo il pieno controllo del proprio corpo?
E così che Karen instaura una propria battaglia che sfocerà nell'anoressia: il rifiuto del cibo, il controllo della fame, tanta disciplina e  forza di volontà, che porta a Karen Carpenter un immenso potere che nessuno le può prendere.
E come rappresentare al meglio la perfezione, se non con la Barbie, simbolo della bellezza finta per eccellenza nell'America degli anni Ottanta, decennio un cui è girato Superstar: The Karen Carpenter Story?
A parte l'incipit recitato da attori in carne ed ossa, Todd Haynes fa ‘recitare’delle Barbie.
La Barbie è il simbolo per eccellenza (almeno fino alla fine degli anni Ottanta) della perfezione: bella, statuaria, priva di difetti e soprattutto magra. Haynes però si accanisce contro lo stereotipo della bella bambola californiana e la  imbruttisce, modificando e mortificando il suo splendido sorriso plastificato con un volto emaciato e insofferente, per mostrare il decorso della malattia di Karen, distruggendo la purezza della fidanzatina d’America nata creata dalla Mattel.
Karen Carpenter, che nel corso della sua carriera fu determinata a raggiungere un grado di computezza e di 'pulizia' attraverso il duo pop The Carpenters, si accanisce a mantenere la figura del gruppo pulito (senza macchie, come una velata accusa di omosessualità mossa da Karen/Barbie a Richard/Ken), dall’immagine impeccabile, purificando il suo corpo con i lassativi prima, e con il vomito indotto poi, con medicinali come lassativi e sciroppi per la tosse che la porteranno al fatale arresto cardiaco.
Todd Haynes attraverso la storia di Karen Carpenter rappresenta con cinismo l’ascesa e declino di un’icona musicale, scardinando le regole del documentario (regole che vengono rispettate per documentare l’anoressia nervosa), mostrando che non tutto è oro ciò che luccica in un’industria  che ha sempre usato i suoi cantanti buttandoli nel tritacarne del sistema in nome di successo, fama e soprattutto lauti introiti.
Al di là del cinismo, l'abilità di Haynes sta nel saper dare comunque una giusta dose di empatia e sensibilità soprattutto verso Karen, come se fosse la vera Karen Carpenter a parlare della sua tragedia dal suo punto di vista, dando al Superstar: The Karen Carpenter Story una visione prettamente femminile.
Di bello rimangono comunque le canzoni dei The Carpenters, che, nonostante il panorama musicale di oggi sia profondamente cambiato, canzoni come Close to You rappresentano ancora un non so che di meraviglioso.

...On the day that you were born the angels got together
And decided to create a dream come true
So they sprinkled moon dust in your hair
Of gold and starlight in your eyes of blue...
Just like me, they long to be
Close to you...

Voto: 8


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