lunedì 10 febbraio 2014

MONOGRAFIA: Greta Garbo



Divina. Con questo epiteto si può riassumere la parabola esistenziale e artistica di Greta Lovisa Gustafson, in arte Greta Garbo. 
Nata a Stoccolma il 18 settembre del 1905, Greta Garbo iniziò i primi passi nel mondo dello spettacolo come modella e grazie al suo lavoro riuscì a ottenere una parte in un film comico.
Il passo successivo fu l'iscrizione all'accademia di arte drammatica, ma il vero e proprio trampolino di lancio nello showbiz avvenne con la conoscenza del regista Mauritz Stiller negli anni Venti.
Stiller vide subito in lei un grande talento, credette in lei dal principio diventandone immediatamente il suo mentore e maestro.  Il suo pigmalione le fece ottenere il suo primo vero ruolo in La leggenda di Gosta Berling, del 1924 e per l'occasione le consigliò di cambiare il suo cognome, dal suono poco artistico, creandole le basi per la diva che diventerà nel giro di pochi anni.  
Nel 1925 gira La via senza gioia di Georg W. Pabst, melodramma dalle tinte forti che fece emergere le doti drammatiche dell'attrice, e grazie a questo ruofo fu scoperta dal produttore Louis B. Mayer, il boss della Metro Goldwyn Mayer, che le offrì un contratto della durata di cinque anni.
Greta Garbo così abbandona la gelida Stoccolma per la solare Hollywood, che l'adotta e fa di lei la regina delle donne seduttrici, dalla vita tormentata e destinate a una fine tragica.
Hollywood rimase incantata da questa donna algida e raffinata, da quella voce sensuale, così intensa nel creare queste eroine romantiche e tragiche.
E nacque la divina. La star.
Per alimentare questa fama, Stiller le creò un'immagine divistica inappuntabile: set blindato, in modo da non creare pettegolezzi e inutili gossip, la sua recitazione rivolta solo al suo partner in scena, al regista e al cast tecnico, al punto che (così narra la leggenda) Stiller arrivò a coprire con tendoni il set, in modo da proteggerla da occhi indiscreti e proteggere la sua arte.
Amata dall'industria  Garbo non ricambiò tale sentimento, sentendosi sempre oppressa dallo star system che pur sempre la idolatrò, fino all'ultimo. Le interviste furono un supplizio, così come la promozione delle sue pellicole, così come declinava gli inviti ai party, mal sopportando la vita mondana e proteggendo ostinatamente la sua vita privata.
Riservatezza, mistero, fascino nordico-europeo, un'eleganza innata fecero di lei il mistero della mecca del cinema. Tali doti le trasferì nei film che la fecero entrare nella storia del cinema: Anna Christie (1930) di Clarence Brown che le fece conquistare la prima nomination agli Oscar.
Sempre sotto la direzione di Brown ottenne la sua seconda nomination con Romanzo (1930). Leggenda per leggenda ed eccola trasformarsi in Mata Hari (1931),  misteriosa ospite in Grand Hotel (1932), perfetta eroina in Anna Karenina (1935) e splendida "traviata" e malata di tisi in Margherita Gautier (1936) di George Cukor, altra nomination agli Academy Awards. Garbo non fu solo la regina del melò, ma seppe dimostrare di abbandonarsi alla leggerezza della commedia.
"Greta ride!" urlano i cartelloni pubblicitari, ed eccola nei panni di una commissaria comunista russa che si innamora di un seducente aristocratico in Ninotchka. Garbo seppe abbandonare i toni tragici delle sue "creature" impersonando una donna dal temperamento brioso, cambiamento che le regalò l'ennesima nomination. Ma inspiegabilmente non vinse mai il premio, nonostante l'industria impazzì fin da subito per lei.
Il canto del cigno avvenne nel 1941, all'età di 36 anni, ancora giovane e bella, ma il flop di Non tradirmi con me di Cukor probabilmente fu così cocente da farle abbandonare le scene all'apice della carriera. L'industria si ricordò di lei nel 1954 omaggiandola con l'Oscar alla carriera, ma la diva, ormai lontana dai riflettori, non si presentò alla cerimonia.  
La divina lascerà il mondo terreno il 15 aprile del 1990, all'età di 84 anni, lasciando solo un alone di leggenda,  che vivrà in eterno grazie ai suoi film.




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