martedì 19 gennaio 2010



Recensione: Baarìa






Titolo: Baarìa
Italia, 2009
Cast: Margareth Madè, Francesco Scianna, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri.
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Produzione: Medusa Film
Regia: Giuseppe Tornatore
Bagheria inizialmente si chiamava Baarìa, comune della Sicilia. Il film narra le vicende di molti cittadini del luogo tra cui Peppino (Francesco Scianna) giovane che entrerà nelle fila del partito comunista, fino a diventarne un elemento di spicco e Mannina (Margareth Madè), giovane orlatrice di cui Peppino se ne innamora perdutamente. Attraverso le loro peripezie per coronare il loro amore, si attraverseranno 50 anni di storia siciliana. Giuseppe Tornatore è uno dei pochi registi italiani che pensano in grande e soprattutto riescono a concretizzare questo concetto di grandezza. Baarìa è un film epico rispetto agli standard che il cinema italiano è solito mostrarci, ma non è esente da pecche e imperfezioni. La serie di "quadri" che servono per presentare i tanti, troppi personaggi che popolano il film è a tratti dispersivo, come se mancasse un collante per capire cosa sta succedendo. Il film vero e proprio inizia trenta minuti dopo, prendendo forma e sostanza con la presentazione l'entrata in scena della famiglia Torrenuova e con il piccolo Peppino che diventerà il fulcro dell'intero film. Peppino cresce, si iscrive al partito comunista e vuole a tutti i costi conquistare la bella Mannina, ragazza dallo spirito indomito che sfida tutto e tutti per sposarsi con il suo amato, che avviene tramite il classico mezzo della fuìtina (il momento più divertente del film). Mannina è una donna forte e volitiva come gli altri personaggi femminili che intrecciano la sua storia e che fanno parte della vita di Baarìa. Peccato poi che la sua forza venga smorzata nel corso del film, per poi relegarla nel tipico ruolo frustrato di moglie e madre. Come se il regista volesse giustificare una tale vitalità iniziale per una donna forse troppo forte, indipendente, libera dal clichè della donna chioccia tipica della società siciliana dell'epoca. L'amore tra i due protagonisti è il cuore passionale e la parte più bella della pellicola, ma poi tutto viene soffocato dalla politica, dagli sforzi infiniti di Peppino che si illude di cambiare la società. Forse questo interessamento eccessivo per la politica è un modo del regista di porgere uno sguardo sulla realtà italiana odierna, su una disillusione che ormai impermea la società; ma finisce per appesantire un pò il film. Carrellata di guest stars abbastanza inutili (con il buon senso di regalare a Monica Bellucci un cameo "muto"), a parte il cronista interpretato da Raoul Bova: molto bella la scena in cui Peppino mostra ai giornalisti i luoghi in cui furono uccisi i sindacalisti Placido Rizzotto e Salvatore Carnevale, un modo efficace per non dimenticare fatti oscuri della nostra storia. Il film ha queste imperfezioni, ma si salva perchè nell'intero progetto traspare dell'amore che ha Tornatore per la sua città di origine, nella sua ricostruzione minuziosa. Grazie al regista si ha l'opportunità di vedere una città "com'era una volta", accompagnandoci nel corso della proiezione nella sua trasformazione. Tornatore pensa in grande e la sua tecnica registica è una delizia per i nostri occhi. E non è da tutti fare un film così ambizioso.
Voto: 6
A.M.

Nessun commento:

Posta un commento